Circolare FOIA n.1/2019

È stata adottata dal Ministro per la Pubblica Amministrazione la circolare n. 1/2019 sulla “Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA)”, con l’obiettivo di fornire indirizzi e chiarimenti alle amministrazioni sugli aspetti organizzativi, procedimentali e tecnologici connessi ad una efficiente gestione del FOIA


Alle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del d. lgs. n. 165 del 2001. LORO SEDI

OGGETTO: Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA)

Premessa

L’istituto dell’accesso civico generalizzato, introdotto con d.lgs. n. 97/2016, di modifica del d.lgs. n. 33/2013, attribuisce a “chiunque” il “diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione (…), nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis” (art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33/2013). Dal 23 dicembre 2016, chiunque può far valere questo diritto nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti indicati all’art. 2-bis del d.lgs. n. 33/2013.

Con delibera n. 1309/2016, l’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.) ha adottato, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, le “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico”.

Al fine di promuovere una coerente e uniforme attuazione della disciplina sull’accesso civico generalizzato, il Dipartimento della funzione pubblica, in raccordo con l’A.N.AC. e nell’esercizio della sua funzione generale di “coordinamento delle iniziative di riordino della pubblica amministrazione e di organizzazione dei relativi servizi” (art. 27, n. 3, legge n. 93/1983), ha adottato la Circolare FOIA n. 2/2017.

A due anni dall’introduzione dell’istituto dell’accesso civico generalizzato, la pratica ha evidenziato la necessità di: a) fornire alle amministrazioni ulteriori chiarimenti, con l’obiettivo di promuovere una sempre più efficace applicazione della disciplina FOIA; b) favorire l’utilizzo di soluzioni tecnologiche per la presentazione e gestione delle istanze di accesso, con l’obiettivo di semplificare le modalità di accesso dei cittadini e il lavoro di gestione delle richieste da parte delle amministrazioni.

Per dare risposta a queste esigenze e orientare il sistema amministrativo verso una piena attuazione della disciplina dell’accesso civico generalizzato, il Dipartimento della funzione pubblica ha avviato, insieme all’A.N.AC. e al Garante per la protezione dei dati personali, un percorso di riflessione congiunto per individuare soluzioni tecniche e interpretative adeguate, sia mediante la presente circolare, in ordine ai profili organizzativi e procedimentali interni, sia mediante la revisione delle Linee guida di cui all’art. 5 comma 2 del decreto trasparenza, in ordine alla applicazione delle eccezioni e dei limiti all’accesso civico generalizzato.

Le raccomandazioni operative che seguono integrano quelle contenute nella Circolare FOIA n. 2/2017 ed attengono ai seguenti profili:

  • criteri applicativi di carattere generale (§ 3);
  • regime dei costi (§ 4);
  • notifica ai controinteressati (§ 5);
  • partecipazione dei controinteressati alla fase di riesame (§ 6);
  • termine per proporre l’istanza di riesame (§ 7);
  • strumenti tecnologici di supporto (§ 8).

Le indicazioni attinenti agli strumenti tecnologici di supporto, di cui al § 8, sono da intendersi quali direttive nei confronti dei Responsabili per la transizione digitale.

Definizioni

Prima di esaminare i profili indicati, di seguito si forniscono precisazioni terminologiche utili ai fini della presente Circolare. Alcune di queste precisazioni corrispondono a quelle già indicate nelle richiamate Linee Guida A.N.AC. (§ 1) e nella Circolare FOIA n. 2/2017 (§ 2.1):

i. il d.lgs. n. 33/2013, come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, è di seguito indicato come “decreto trasparenza”;

ii. l’accesso disciplinato dal capo V della legge n. 241/1990 è di seguito indicato come “accesso procedimentale” o “accesso documentale”;

iii. l’accesso ai documenti oggetto degli obblighi di pubblicazione, di cui all’art. 5, comma 1, del decreto trasparenza, è di seguito indicato come “accesso civico” o “accesso civico semplice”;

iv. l’accesso ai dati e ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 5, comma 2, del decreto trasparenza è di seguito indicato come “accesso civico generalizzato” o “accesso generalizzato”;

v. le “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico” adottate ai sensi dell’art. 5, comma 2, del decreto trasparenza dall’Autorità nazionale anticorruzione con delibera n. 1309/2016, sono di seguito indicate come “Linee guida A.N.AC.”;

vi. la Circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 2 del 30 maggio 2017, in tema di Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA), è di seguito indicata come “Circolare FOIA n. 2/2017”;

vii. la Circolare del Ministro per la pubblica amministrazione n. 3 del 1° ottobre 2018, relativa alla individuazione del Responsabile per la transizione digitale di cui all’art.17 del d.lgs. 7 marzo 2005, n.82 “Codice dell’amministrazione digitale”, è di seguito indicata come “Circolare RTD n. 3/2018”;

viii. il d.lgs. n. 82/2005 “Codice dell’amministrazione digitale”, è di seguito denominato come “CAD”.

Criteri applicativi di carattere generale

 i) Promozione di maggiori livelli di trasparenza

L’art. 10, comma 3, del decreto trasparenza stabilisce che «la promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce un obiettivo strategico di ogni amministrazione, che deve tradursi nella definizione di obiettivi organizzativi e individuali».

A tal fine, fermo restando che l’inosservanza del termine di conclusione del procedimento di accesso, nonché il rifiuto, il differimento, o la limitazione all’accesso civico generalizzato, al di fuori dei casi espressamente previsti dall’art. 5-bis del decreto trasparenza, costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, anche ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili, sarebbe altresì auspicabile introdurre appositi obiettivi legati alla attuazione del decreto trasparenza.

Le indicazioni relative all’utilizzo di soluzioni tecnologiche per la gestione delle istanze attengono ai compiti del Responsabile della transizione digitale, individuati dall’art. 17 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice per l’amministrazione digitale) e illustrati con la Circolare n. 3/2018 del Ministro per la pubblica amministrazione.

ii) Regolamenti interni e limiti al diritto di accesso generalizzato

Come chiarito nella Circolare FOIA n. 2/2017 (§ 2.1), con il d.lgs. n. 97/2016 l’ordinamento italiano ha riconosciuto la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale, in conformità all’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Dal carattere fondamentale del diritto di accesso generalizzato deriva che, nel definire le modalità di attuazione di questo istituto con regolamento o circolare, le pubbliche amministrazioni possono disciplinare esclusivamente i profili procedurali e organizzativi di carattere interno, ma non i profili di rilevanza esterna che incidono sull’estensione del diritto.

Di conseguenza, le amministrazioni non possono individuare con regolamento categorie di atti sottratte all’accesso generalizzato, come prevede invece l’art. 24, comma 2, l. n. 241/1990 in tema di accesso procedimentale.

Tuttavia, nella pratica non sono mancati casi in cui una richiesta di accesso generalizzato è stata respinta sulla base di eccezioni previste da regolamenti emanati ai sensi dell’art. 24, comma 2, l. n. 241/1990.

In linea di principio, i limiti previsti per l’accesso ai documenti amministrativi di cui agli artt. 22 e seguenti della legge n. 241/1990 non possono essere superati ricorrendo all’istituto dell’accesso civico generalizzato. Al contempo, però, occorre richiamare il limite derivante dalla riserva di legge in tema di eccezioni al diritto di accesso generalizzato desumibile dall’art. 10 della CEDU (Linee guida A.N.AC., § 2.1; Circolare FOIA n. 2/2017, § 2.2). Alla luce di questa riserva e dell’esclusiva attribuzione all’A.N.AC., d’intesa con il Garante per la protezione di dati personali, del potere di fornire indicazioni operative per l’applicazione delle esclusioni e dei limiti all’accesso generalizzato previsti dalla legge con apposite linee guida, è opportuno interpretare in modo rigoroso il rinvio che l’art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33/2013 opera al comma 1 dell’art. 24, l. n. 241/1990.

Alla luce del quadro descritto, deve ritenersi che un generale riferimento a regolamenti che prevedano categorie di documenti sottratte all’accesso – considerando che le categorie di documenti ivi indicate devono essere interpretate in senso restrittivo – potrebbe non essere sufficiente a respingere un’istanza di accesso generalizzato. In ogni caso, le disposizioni regolamentari esistenti – incluse quelle adottate ai sensi dell’art. 24, comma 2, l. n. 241/1990 – possono essere utilizzate come ausilio interpretativo nella valutazione delle esclusioni dei limiti all’accesso civico generalizzato, compresa l’esistenza del pregiudizio, da verificare nel caso concreto, a uno degli interessi indicati dall’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 che potrebbe derivare dall’ostensione del dato o del documento richiesto.

Il regime dei costi

Il decreto trasparenza stabilisce che chiunque ha diritto di fruire “gratuitamente” di tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico, compresi quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria (art. 3, comma 1), e che “il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali” (art. 5, comma 4). Anche secondo la disciplina sull’accesso agli atti delle istituzioni dell’Unione europea (art. 10 del Reg. CE n. 1049/2001), è possibile addebitare al richiedente i soli costi di riproduzione e di spedizione dei documenti (se superiori a 20 pagine), mentre la consultazione in loco e l’accesso elettronico o tramite i registri è gratuita. La natura fondamentale del diritto di accesso civico generalizzato esclude che il rimborso possa costituire una barriera economica in grado di ostacolare l’esercizio del diritto.

Di seguito, si forniscono alcuni chiarimenti in ordine alla portata del principio di gratuità concernente le istanze di accesso civico generalizzato.

Innanzitutto, a fronte di una istanza di accesso civico generalizzato possono essere addebitati solo i costi strettamente necessari per la riproduzione di dati e documenti richiesti, ad esclusione di qualsiasi altro onere a carico del cittadino. In particolare, il costo rimborsabile, corrispondente a quello “effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione per la riproduzione”, non include il costo per il personale impiegato nella trattazione delle richieste di accesso, essendo quest’ultimo un onere che, in linea di principio, grava sulla collettività che intenda dotarsi di un’amministrazione moderna e trasparente.

Nel costo di riproduzione del quale l’amministrazione può chiedere il rimborso rientrano le seguenti voci:

  • il costo per la fotoriproduzione su supporto cartaceo;
  • il costo per la copia o la riproduzione su supporti materiali (ad es. CD-rom);
  • il costo per la scansione di documenti disponibili esclusivamente in formato cartaceo, in quanto attività assimilabile alla fotoriproduzione e comunque utile alla più ampia fruizione favorita dalla dematerializzazione dei documenti (art. 42, d.lgs. n. 82/2005);
  • il costo di spedizione dei documenti, qualora espressamente richiesta in luogo dell’invio tramite posta elettronica o posta certificata e sempre che ciò non determini un onere eccessivo per la pubblica amministrazione.

In assenza di discipline speciali di settore che stabiliscano specifiche modalità di accesso, l’applicazione della disciplina generale in tema di accesso civico generalizzato non esclude che ai costi addebitabili al richiedente possano cumularsi – come avviene per l’accesso procedimentale alla documentazione urbanistica e/o edilizia – gli oneri in materia di bollo e i diritti di ricerca e visura. La Relazione tecnica di accompagnamento al d.lgs. n. 97/2016 (art. 6), infatti, fa salve le disposizioni in materia, precisando che “all’esercizio [del diritto di accesso civico generalizzato] da parte dei consociati le amministrazioni fanno fronte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, anche in considerazione del fatto che, pur essendo l’accesso civico gratuito, lo stesso è comunque subordinato al rimborso del costo sostenuto dall’amministrazione per il rilascio di dati e documenti in formato elettronico o cartaceo, ferme restando le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura”.

I costi di cui si chiede il rimborso devono essere predeterminati mediante un tariffario e comunque prospettati al richiedente prima delle attività di riproduzione. Le tariffe possono coincidere con quelle già adottate per l’accesso procedimentale, ferma restando la proporzionalità e la corrispondenza delle stesse al costo effettivamente sostenuto e documentato dalla pubblica amministrazione. Nel caso in cui un’amministrazione non si sia dotata di un tariffario in materia di accesso, occorre far riferimento ai prezzi medi praticati nel mercato di riferimento.

La notifica ai controinteressati

In base all’art. 5, comma 5, del decreto trasparenza, «Fatti salvi i casi di  pubblicazione obbligatoria, l’amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione».

Al riguardo, è opportuno precisare che, rispetto a una domanda di accesso civico generalizzato, sono qualificabili come controinteressati tutti i soggetti che possono subire un pregiudizio concreto agli interessi privati indicati dall’art. 5-bis, comma 2, del decreto trasparenza, quali protezione dei dati personali, libertà e segretezza della corrispondenza, interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi proprietà intellettuale, diritto d’autore e segreti commerciali. In tale quadro, si precisa che con particolare riferimento ai dati personali, sono tali solo quelli riferibili a persone fisiche identificate o identificabili ai sensi dell’art. 4, par. 1, n. 1, del Regolamento (UE) 2016/679[1].

Per quanto riguarda, poi, le modalità di comunicazione della richiesta di accesso civico generalizzato ai controinteressati, il richiamato art. 5, comma 5, ne identifica due: l’invio di copia della richiesta “con raccomandata con avviso di ricevimento”, o l’invio “per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione”. La finalità di questa disposizione è consentire ai controinteressati di esercitare il diritto di difesa nell’ambito del procedimento amministrativo di accesso.

Data la necessità di garantire l’integrità del diritto di difesa, le pubbliche amministrazioni devono rispettare le forme indicate dal decreto trasparenza anche quando il numero di controinteressati sia elevato. A tal fine, nel caso di attività o procedure complesse, con coinvolgimento di un elevato numero di soggetti potenzialmente identificabili come controinteressati, le amministrazioni possono utilizzare la casella di posta elettronica certificata (PEC) dei soggetti interessati  laddove fornita per le comunicazioni con la pubblica amministrazione come proprio domicilio speciale. In tal modo, si realizza una essenziale forma di semplificazione dell’attività di notifica prevista dal richiamato art. 5, comma 5.

Qualora non sia stato possibile procedere nel senso appena indicato e il numero di controinteressati sia così elevato da rischiare di arrecare un serio pregiudizio al buon andamento, a causa della onerosità dell’attività di notifica mediante raccomandata con avviso di ricevimento, l’amministrazione può consentire l’accesso parziale, oscurando i dati personali o le parti dei documenti richiesti che possano comportare un pregiudizio concreto agli interessi privati indicati nell’art. 5-bis, comma 2, del decreto trasparenza.

[1] Ai sensi dell’articolo citato «si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale».

La partecipazione dei controinteressati alla fase di riesame

L’art. 5 del decreto trasparenza disciplina le modalità di partecipazione dei controinteressati al procedimento di accesso civico di prima istanza, che si svolge davanti alla “amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso”.  In sede di applicazione della normativa è emersa l’esigenza di assicurare la partecipazione dei controinteressati anche nel procedimento di riesame. Questa esigenza si pone, in particolare, nel caso in cui il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) constati che in prima istanza la partecipazione non sia avvenuta per una erronea valutazione circa la sussistenza del pregiudizio agli interessi privati di cui all’art. 5-bis, comma 2, del decreto trasparenza.

In questo caso, la partecipazione dei controinteressati al procedimento di riesame deve ritenersi senz’altro ammissibile, trattandosi dell’unica opzione in grado di assicurare al controinteressato l’esercizio del diritto di difesa nell’ambito del procedimento amministrativo. Ne consegue, nell’ipotesi indicata, l’obbligo per il RPCT di comunicare l’avvio del procedimento anche al controinteressato pretermesso, in applicazione dell’art. 7, comma 1, l. n. 241/1990, che, in via generale, impone al responsabile del procedimento di comunicare l’avvio a coloro che possano ricevere un pregiudizio dal provvedimento finale.

Nel caso di integrazione del contraddittorio nella fase di riesame, può ritenersi applicabile, per analogia, la previsione di cui all’art. 5, comma 5, del decreto trasparenza. Pertanto, ai controinteressati andrebbe riconosciuta la possibilità di presentare una motivata opposizione entro 10 giorni dalla ricezione della comunicazione e il termine di conclusione del procedimento di riesame (20 giorni) potrebbe essere sospeso, ove necessario, fino all’eventuale opposizione dei controinteressati e comunque per non più di 10 giorni.

Il termine per proporre l’istanza di riesame

Il decreto trasparenza non individua un termine entro il quale proporre la domanda di riesame. Tuttavia, ritenere che tale domanda sia proponibile senza termine darebbe luogo a problemi applicativi, legati al protrarsi nel tempo della situazione di incertezza circa l’effettiva conclusione della vicenda amministrativa relativa alla ostensibilità dei dati e/o dei documenti richiesti.

In particolare, l’assenza di un termine per l’attivazione del procedimento di riesame è suscettibile di determinare un sostanziale aggiramento del termine di decadenza (30 giorni) previsto per impugnare la decisione dell’amministrazione davanti al giudice o al difensore civico. Una domanda di riesame avanzata a distanza di mesi o anni dalla decisione di prima istanza, infatti, consentirebbe, tramite l’impugnazione del provvedimento del RPCT, di attivare il rimedio giurisdizionale (o il rimedio amministrativo, rappresentato dal ricorso al difensore civico) in un tempo anche molto lontano dalla prima decisione. La finalità del termine di decadenza – permettere, per ragioni di certezza giuridica, il consolidarsi degli effetti dell’atto non tempestivamente impugnato – sarebbe, così, vanificata.

Per prevenire questo esito, appare ragionevole ritenere che il procedimento di riesame debba essere attivato entro il termine di 30 giorni dalla decisione di prima istanza, corrispondente al termine di decadenza previsto per la proposizione dei summenzionati rimedi (ricorso al giudice e al difensore civico). Tale termine, pur non espressamente previsto dall’art. 5, c. 7, del decreto trasparenza, è disciplinato in via generale dalla disciplina generale dei ricorsi amministrativi, al quale l’istituto del riesame è riconducibile. In particolare, ai sensi dell’art. 2, c. 1, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, il ricorso amministrativo in unica istanza all’organo sovraordinato contro un atto amministrativo non definitivo “deve essere proposto nel termine di trenta giorni dalla data della notificazione o della comunicazione in via amministrativa dell’atto impugnato e da quando l’interessato ne abbia avuto piena conoscenza”. Decorso tale termine, il RPCT può dichiarare irricevibile l’istanza, fatti salvi i casi in cui la tardività appaia incolpevole o comunque giustificata alla luce delle specifiche motivazioni addotte dall’istante.

Semplificare l’accesso dei cittadini e la gestione amministrativa delle richieste: gli strumenti tecnologici di supporto

Una più efficace attuazione della disciplina relativa all’accesso civico generalizzato richiede una semplificazione degli oneri ad essa connessi. Si tratta, in primo luogo, degli oneri gravanti sui cittadini, che sono chiamati a compiere l’operazione, non sempre agevole, di individuare la tipologia di accesso da utilizzare e la pubblica amministrazione alla quale indirizzare la richiesta. A questi si aggiungono gli oneri gravanti sulle pubbliche amministrazioni, che incontrano talvolta difficoltà nella gestione delle richieste di accesso, anche in ragione del limitato utilizzo degli strumenti di cui dispongono.

La riduzione di questi oneri presuppone una adeguata valorizzazione degli strumenti tecnologici funzionali a una migliore attuazione del FOIA. Rilevano, a riguardo, due serie di strumenti tecnologici:

a) quelli a supporto dei cittadini nella proposizione delle richieste di accesso (§ 8.1);

b)  quelli a supporto delle pubbliche amministrazioni nella gestione delle richieste di accesso (§ 8.2).

Gli strumenti a supporto dei cittadini nella proposizione delle richieste di accesso

Agevolare i cittadini nella proposizione delle richieste di accesso civico generalizzato è essenziale per abbattere le barriere psicologiche e burocratiche che ne ostacolano un pieno utilizzo. Tali barriere compromettono la piena realizzazione delle finalità di partecipazione consapevole alle decisioni pubbliche e di controllo diffuso sull’operato delle amministrazioni che sono proprie del modello FOIA.

Per ridurre questi ostacoli e promuovere un più ampio utilizzo di questo importante istituto di trasparenza, il Dipartimento della funzione pubblica metterà a disposizione dei cittadini, sul sito www.foia.gov.it, una procedura guidata che – sulla base di pochi elementi qualitativi (ad esempio, ambito tematico, localizzazione, interesse conoscitivo) – faciliterà al richiedente la corretta individuazione sia della tipologia di accesso rispondente al suo interesse, sia dell’amministrazione destinataria della richiesta.

Le amministrazioni, dal canto loro, potrebbero mettere a disposizione degli utenti un modulo online per la richiesta di accesso che preveda i campi indicati nell’allegato n. 1 alla Circolare FOIA n. 2/2017 e consenta di specificare l’ambito a cui afferiscono i dati e i documenti richiesti, così da facilitare l’individuazione dell’amministrazione competente alla trattazione della stessa (si veda, a titolo di esempio, il  modulo messo a disposizione da ANAC sul proprio sito Internet).

Gli strumenti a supporto delle amministrazioni nella gestione delle richieste FOIA

a) Gli strumenti per l’acquisizione e lo smistamento delle richieste

Una volta che l’istanza di accesso sia stata acquisita dall’amministrazione (cioè protocollata in ingresso[2]), è necessario che la stessa venga tempestivamente inoltrata all’ufficio che detiene i dati o documenti richiesti. Per le amministrazioni di grandi dimensioni, tale attività è potenziale fonte di ritardi nella gestione dell’istanza. Si invitano, pertanto, le amministrazioni a prevedere soluzioni che riducano al minimo gli oneri derivanti dallo svolgimento di attività non legate alla trattazione nel merito della richiesta.

A tal fine, è opportuno ricordare che: (i) ogni istanza di accesso civico deve essere tempestivamente protocollata; (ii) i sistemi di protocollo informatico gestiscono al loro interno l’organigramma aggiornato dell’amministrazione presso la quale sono dispiegati.

Ciò posto, per qualificare la richiesta di accesso civico generalizzato possono essere opportunamente utilizzate le informazioni sugli ambiti cui afferiscono i dati e i documenti richiesti (cui si è fatto cenno al paragrafo precedente), poiché consentono al personale addetto allo smistamento della richiesta di individuare l’ufficio competente tenendo conto non solo dell’oggetto ivi indicato (non sempre di agevole comprensione, trattandosi di un testo liberamente inserito dal richiedente), ma anche dell’ambito indicato dal richiedente.

b) Il sistema di protocollo informatico e il registro degli accessi

Come già indicato nella Circolare FOIA n. 2/2017 e nella presente ulteriormente specificato, i sistemi di protocollo informatico e gestione documentale più evoluti permettono di gestire il procedimento di accesso in tutte le sue fasi, dall’acquisizione della richiesta alla decisione finale. Tali sistemi, infatti,  opportunamente configurati come di seguito indicato, consentono, altresì, di realizzare il registro degli accessi, nel quale – come raccomandato nelle Linee Guida ANAC (§ 9) e nella Circolare FOIA n. 2/2017 (§ 9 e allegato n. 3) – ciascuna amministrazione indicherà gli estremi delle richieste ricevute e il relativo esito, omettendo la pubblicazione di dati personali eventualmente presenti.

Decisivo, per promuovere una adeguata valorizzazione di questi strumenti nell’attuazione del FOIA è, pertanto, il ruolo del Responsabile per la transizione al digitale (RTD) a cui il Codice dell’amministrazione digitale affida il coordinamento del processo di diffusione all’interno dell’amministrazione dei sistemi di protocollo informatico[3], mentre la Circolare RTD n. 3/2018 ne precisa ulteriormente i compiti.

In particolare, il Responsabile per la transizione al digitale è tenuto a promuovere ed abilitare l’utilizzo dei sistemi di protocollo informatico e gestione documentale per la gestione delle richieste di accesso civico generalizzato, adottando gli interventi di evoluzione e configurazione dei sistemi già in uso  che si rendano necessari.

Per agevolare questo processo, il Dipartimento della funzione pubblica ha predisposto un documento contenente specifiche tecniche denominato “Indicazioni operative per l’implementazione del registro degli accessi FOIA“, disponibile sul sito www.foia.gov.it. Questo documento, in linea con le regole sui metadati previste dalle regole tecniche per il protocollo informatico[4], definisce:

  • lo schema di metadati (in formato XML Schema Definition, XSD) per la realizzazione del fascicolo informatico dedicato alla gestione di istanze FOIA, contenente i campi già previsti nella Circolare FOIA n. 2/2017 (all.3);
  • gli schemi di metadati (XSD) per la pubblicazione del registro degli accessi.

Le pubbliche amministrazioni che dispongono di sistemi di protocollo informatico in grado di rispondere alle regole tecniche vigenti sono invitate ad adottare i citati schemi e a pubblicare il registro degli accessi nel formato standard indicato, così da facilitare la produzione del registro sia ai fini della sua pubblicazione che della eventuale trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica per l’acquisizione delle informazioni rilevanti per attività di monitoraggio, senza gravare ulteriormente sulle amministrazioni.

Si sottolinea, ad ogni buon conto, che, nonostante tra i campi previsti per il registro degli accessi non siano inclusi il nome del richiedente né tanto meno quelli degli eventuali controinteressati, di porre la massima attenzione per evitare che il registro contenga comunque dati personali (ad esempio nel campo “oggetto della richiesta”).

[2] Si consideri che ai sensi dell’art.5, co. 6, del D.lgs.33/2013: “Il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati.”  e che la L.241/90, all’art. 18-bis, co. 1, recita: “[…] La data di protocollazione dell’istanza, segnalazione o comunicazione non può comunque essere diversa da quella di effettiva presentazione.”

[3] Art. 17, lett. j), CAD.

[4]  D.P.C.M. 3 dicembre 2013, recante Regole tecniche per il protocollo informatico ai sensi degli articoli 40-bis , 41, 47, 57-bis e 71, del CAD.