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Ecco in che modo il mediatore europeo si è espresso rispetto a una richiesta di accesso ai messaggi telefonici presentata al consiglio

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La questione è stata sollevata per la prima volta, nel novembre 2019, da un gruppo di associazioni che in Europa si occupano di trasparenza e che avevano richiesto di accedere a tutte le comunicazioni istantanee (sms, WhatsApp, Telegram, iMessage, Facebook Chat, Snapchat, Slack, Facebook e Twitter “messaggi diretti”, Signal Messenger, Wire) inviate dall’allora Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ad altri capi di stato e di governo attraverso il telefono cellulare.

La richiesta, in particolare, era stata effettuata a seguito della diffusione da parte di alcuni media della notizia dell’esistenza di questi messaggi. L’Associated Press, ad esempio, aveva riportato che Tusk, al fine di agevolare i negoziati con la Grecia, aveva ricevuto e inviato messaggi di testo.

A fronte di questa richiesta il Consiglio europeo ha opposto un diniego, sostenendo di non possedere tali documenti.
Il Mediatore europeo, in proposito, ha osservato che esiste una presunzione legale circa il non possesso da parte del Consiglio dei documenti richiesti e che tale presunzione non è stata confutata dagli argomenti e dalle prove avanzate dai ricorrenti. Pertanto, nella fattispecie non è stato riscontrato un caso di cattiva amministrazione.

Lo stesso organismo, tuttavia, ha osservato anche che il ricorso solleva importanti questioni, inerenti alla necessità di un’adeguata conservazione dei dati quando si tratta di messaggi di testo e di messaggistica istantanea, sempre più utilizzati per la comunicazione professionale, compresa la comunicazione di informazioni sostanziali.

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