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Consiglio di Stato , Adunanza Plenaria, 02-04-2020, N. 10

1) È fondato il ricorso avverso il rigetto di una istanza di accesso alla documentazione relativa all’esecuzione di un servizio pubblico. Fra le due posizioni contrastanti emerse nella giurisprudenza, si ritiene di prediligere l’orientamento che, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, reputa applicabile l’accesso civico generalizzato ai documenti inerenti ai contratti pubblici, inclusi quelli relativi all’esecuzione dei medesimi. Non osta in tal senso l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis, d.lgs. n. 33/2013 in combinato disposto con l’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 e con le previsioni della l. n. 241/1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite. L’accesso civico generalizzato, pertanto, non solo è consentito in questa materia, ma è doveroso perché connaturato all’essenza stessa dell’attività contrattuale pubblica, perché operi, in funzione della trasparenza reattiva, soprattutto in relazione a quegli atti rispetto ai quali non vigono i numerosi obblighi di pubblicazione.

2) Le eccezioni assolute servono a garantire un livello di protezione massima a determinati interessi, ritenuti di particolare rilevanza per l’ordinamento giuridico, sicché il legislatore ha operato già a monte una valutazione assiologica e li ha ritenuti superiori rispetto alla conoscibilità diffusa. In tale ipotesi la pubblica amministrazione esercita un potere vincolato, che deve essere preceduto da un’attenta e motivata valutazione in ordine alla sussunzione del caso nell’ambito dell’eccezione, che è di stretta interpretazione.
Pur consapevoli della infelice formulazione dell’art. 5-bis, comma 3, si ritiene preferibile una lettura unitaria della stessa, evitando di scomporla e di trarne così dei nuovi limiti. La disposizione, infatti, non può essere intesa nel senso di esentare dall’accesso generalizzato intere materie per il solo fatto che esse prevedano casi di accesso limitato e condizionato, compresi quelli si cui alla l. n. 241/1990, perché, se così fosse, il principio di specialità condurrebbe sempre all’esclusione di quella materia dall’accesso, con la conseguenza, irragionevole, che la disciplina speciale o, addirittura, quella dell’accesso documentale, in quanto e per quanto richiamata per relationem dalla disciplina speciale, assorbirebbe l’accesso civico generalizzato. Il rapporto tra le due discipline generali dell’accesso (documentale e generalizzato) e, a sua volta, tra queste ultime e quelle settoriali – es. art. 10 d.lgs. n. 267/2000 o l’art. 3 d.lgs. n. 195/2005 – non può essere letto secondo un criterio di specialità e, dunque, di esclusione reciproca, ma secondo un canone di completamento/inclusione, in quanto la logica di fondo non è quella della separazione ma dell’integrazione dei diversi regimi di accesso pur nelle loro differenze, in vista della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo. Un diverso ragionamento avallerebbe il rischio che i casi del comma 3 dell’art. 5-bis, letti in modo frazionato, si trasformino in un “buco nero” della trasparenza ove è risucchiato l’accesso generalizzato. Tale interpretazione, peraltro, introdurrebbe un limite – quello della materia – non previsto espressamente dal legislatore e configurerebbe una eccezione assoluta che, per la riserva di legge ai sensi dell’art. 10 CEDU, non può essere rimessa alla discrezionalità della pubblica amministrazione o all’opera dell’esegeta.

3) Ciò che distingue le eccezioni relative dalle eccezioni assolute è proprio il fatto che non sussista a monte, nella scala valoriale del legislatore, una priorità ontologica di alcuni interessi rispetto ad altri, sicché è rimesso all’amministrazione effettuare un adeguato e proporzionato bilanciamento degli interessi coinvolti. Tale valutazione andrà svolta bilanciando, in concreto, l’interesse pubblico alla conoscibilità e il danno all’interesse-limite, pubblico o privato, alla segretezza e/o alla riservatezza, secondo i criteri utilizzati anche in altri ordinamenti, quali il c.d. test del danno o il c.d. test dell’interesse pubblico, in base al quale occorre valutare se sussista un interesse pubblico al rilascio delle informazioni richieste rispetto al pregiudizio per l’interesse-limite contrapposto.

4) La pretesa ostensiva può essere formulata dal privato contestualmente con riferimento all’accesso documentale ai sensi della l. n. 241/1990 e all’accesso civico generalizzato ai sensi del d.lgs. n. 33/2013, dovendo l’amministrazione applicare e valutare regole e limiti differenti. Nel caso in cui l’istanza non fa riferimento in modo specifico e circostanziato alla disciplina dell’accesso procedimentale o a quella dell’accesso civico generalizzato, la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di rispondere, motivando circa la sussistenza o meno dei presupposti per riconoscere l’una e l’altra forma di accesso, laddove essi siano stati sostanzialmente rappresentati. Al contrario, solo ove l’istante abbia inteso, espressamente e inequivocabilmente, ricondurre o limitare l’interesse ostensivo a uno specifico profilo, documentale o civico, la pubblica amministrazione dovrà limitarsi a esaminare quest’ultimo, senza pronunciarsi sui presupposti dell’altra forma di accesso. Ne discende che al giudice amministrativo è precluso, in sede di ricorso, mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione.

5) Il principio di trasparenza, che si esprime anche nella conoscibilità dei documenti amministrativi, rappresenta il fondamento della democrazia amministrativa in uno Stato di diritto in quanto garantisce l’intelligibilità dei processi decisionali e l’assenza di corruzione. In tale ottica, l’accesso civico generalizzato deve essere considerato, al pari di molti altri ordinamenti europei ed extraeuropei, alla stregua di un diritto fondamentale in sé, e come strumento che tende a realizzare il miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l’ordinamento giuridico riconosce alla persona. La natura fondamentale del diritto di accesso civico generalizzato, oltre che essere evincibile dagli artt. 1, 2, 97 e 117 Cost e riconosciuta dall’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per gli atti delle istituzioni europee, deve però collocarsi anche in una prospettiva convenzionale europea, laddove essa rinviene un sicuro fondamento nell’art. 10 CEDU.

6) L’accesso civico generalizzato finalizzato a garantire, con il diritto all’informazione, il buon andamento dell’amministrazione, non può finire per intralciare il funzionamento della stessa. Pertanto, è possibile respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate, ovvero tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche, contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili a uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi in base a parametri oggettivi. Infine, non si deve confondere la ratio dell’istituto con l’interesse del richiedente, che non necessariamente deve essere altruistico o sociale né deve sottostare ad un giudizio di meritevolezza, per quanto certamente non deve essere pretestuoso o contrario a buona fede.

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