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TAR Abruzzo, Sez. I, Pescara, 22-11-2018, N. 347

1) A differenza di quanto previsto dalla L. n. 241/90 per l’accesso documentale, l’art. 5, co. 6, d.lgs. n. 33/2016, in tema di accesso civico generalizzato non prevede per l’inutile decorso del termine di trenta giorni dalla richiesta un’ipotesi di silenzio significativo avente valore di diniego, stabilendo invece che il procedimento deve concludersi con provvedimento espresso e motivato, configurando in caso contrario un silenzio inadempimento dell’obbligo di provvedere in materia di trasparenza.

Pur in assenza di un provvedimento espresso e motivato impugnabile, ai sensi dell’art. 5, co. 7, d.lgs. n. 33/2013, il ricorso è assoggettabile al rito di cui all’art. 116 c.p.a. stante l’ampia formulazione della norma, il cui ambito oggettivo include le determinazioni ed il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza. Di qui la riconducibilità allo speciale rito in tema di accesso anche alle ipotesi di silenzio inadempimento di cui all’art. 5 del decreto citato.

2) È condivisibile la giurisprudenza secondo cui non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per omessa notifica al controinteressato quando la stessa Amministrazione non abbia ritenuto di consentire la partecipazione in sede procedimentale ad altri soggetti che potrebbero subire un pregiudizio all’accoglimento della istanza di accesso e che acquisirebbero la qualifica di controinteressati nel caso di impugnazione del conseguente diniego. Tuttavia, in presenza di un’evidente omissione addebitabile all’Amministrazione, nel giudizio va assicurato, attraverso la disposta integrazione del contraddittorio, il coinvolgimento dei soggetti controinteressati non evocati nel procedimento ed individuati nei destinatari dei documenti oggetto della richiesta.

L’Amministrazione non può assumere come unico fondamento del rifiuto di accesso il mancato consenso del controinteressato, atteso che l’art. 5, co. 6, del d.lgs. n. 33/2013, espressamente prevede l’ipotesi di accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato. Il diritto a conoscere dei cittadini non può essere lasciato alla decisione del controinteressato il quale, nell’ambito della partecipazione procedimentale, può far emergere esigenze di tutela che ben possono orientare e rendere edotta l’Autorità decidente sulle ragioni di riservatezza nell’assumere la determinazione, che spetta comunque sempre e solo alla P.A.

3) L’interesse tutelato nella fattispecie di cui all’art. 5, d.lgs. n. 33/2013, presuppone come implicita la rispondenza della richiesta al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica e che non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell’introduzione dell’istituto. È significativa pertanto la differenza tra accesso ai documenti, accesso civico semplice e accesso civico generalizzato, laddove il primo consente un’ostensione più approfondita e penetrante, il secondo è strettamente correlato all’adempimento di obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, ed il terzo, in quanto motivato da esigenze di controllo diffuso del cittadino, consente una conoscenza senza dubbio più estesa ma meno approfondita, a un’ampia categoria di dati, documenti e informazioni, fermi i limiti posti a salvaguardia di interessi pubblici e privati suscettibili di vulnerazione.

4) Quanto ai limiti derivanti dalla tutela degli interessi privati di cui all’art. 5-bis, il pregiudizio alla protezione della tutela dei dati personali non può essere legittimamente invocato laddove si tratta di informazioni riguardanti una persona giuridica e non una persona fisica. Non può altresì configurarsi una lesione rispetto alla tutela degli interessi economici e commerciali dei destinatari, posto che gli atti oggetto della richiesta – ovvero relazioni tecniche, planimetrie, sezioni e tabelle di dimensionamento di alcuni titoli edilizi – sono mere rappresentazioni grafiche ed elaborati utili a trasporre sul piano reale e delineare l’oggetto, la localizzazione e gli sviluppi planimetrici dell’attività edilizia autorizzata. Neppure può porsi un problema di tutela di riservatezza commerciale o industriale poiché essa può essere invocata solo in relazione ai processi organizzativi e metodologici che riguardano il c.d. know-how aziendale. In tale contesto, la tutela della riservatezza non ha carattere assoluto ed è necessario che la conoscenza del know-how sia valutata con riferimento non già alle singole informazioni, quanto piuttosto al loro insieme ed alla loro combinazione. Occorre inoltre che dette informazioni abbiano un immediato risvolto pratico e siano qualificate da un minimum di rilevanza economica, nel senso della capacità delle stesse di assumere i caratteri propri di un bene aziendale suscettibile, in quanto tale, di essere trasferito, valutato e apprezzato secondo criteri economico-patrimoniali.

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