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TAR Campania, Sez. VI, 04-03-2021, N. 1496

1) Va accolto il ricorso avverso il diniego su una istanza di accesso civico generalizzato avente a oggetto la copia degli elenchi e registri tributari relativi all’avvenuta, mancata e/o tardiva riscossione delle tariffe comunali sull’imposta di soggiorno. In primo luogo, decorsi trenta giorni dalla presentazione del ricorso al difensore civico, cui il richiedente si era rivolto, e formatosi il silenzio, il ricorso giurisdizionale risulta tempestivo se esperito nei trenta giorni successivi. Al riguardo, l’art. 5, d.lgs. n. 33/2013 non solo non prescrive che il ricorso al difensore civico sia presentato entro trenta giorni, ma nemmeno prevede le conseguenze del silenzio di quest’ultimo, limitandosi a stabilire che il termine per proporre ricorso amministrativo inizia a decorrere per il richiedente dalla comunicazione dell’esito (evidentemente negativo e espresso) della istanza. Il procedimento è assimilabile a quello previsto dall’art. 25, l. n. 241/1990 per l’accesso documentale, sicché quest’ultima disciplina può ritenersi applicabile quantomeno al fine di integrare le lacune del menzionato art. 5, essendo quindi consentito all’interessato – una volta che il difensore civico sia rimasto silente per trenta giorni – proporre il ricorso giurisdizionale, non essendosi verificata alcuna decadenza.

2) L’art. 5 d.lgs. n. 33/2013 è chiaro nello stabilire che l’accesso civico generalizzato “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente”. Ne consegue che il ricorrente non ha l’onere di specificare quale interesse muova la sua istanza, né tantomeno si richiede che si tratti di un interesse pubblico o che all’istanza sia connessa una esigenza di tutela di un interesse della collettività. La circostanza che il ricorrente sia mosso da una esigenza di conoscenza personale non esclude che questa possa soddisfatta facendo ricorso all’istituto dell’accesso civico.

3) Il diniego opposto è generico in quanto non chiarisce quale sia il pregiudizio concreto e non indica quale categoria di interessi si sia inteso tutelare. Considerato che nella fattispecie non vengono in rilievo né la libertà e la segretezza della corrispondenza, né, almeno in via diretta, gli interessi economici e commerciali, deve ritenersi che l’amministrazione abbia inteso riferirsi alla protezione dei dati personali. Sennonché nella fattispecie non emerge siffatta esigenza di tutela, essendo stati richiesti dati relativi all’adempimento da parte di imprenditori dei loro obblighi tributari, che non rientrano nella categoria dei dati sensibili o giudiziari. Del resto, la tendenziale accessibilità, nei limiti previsti dalla normativa in materia di accesso, di elenchi relativi a contribuenti e a verifiche tributarie si desume dall’art. 69 del D.P.R. n. 600/1973. Nella fattispecie, inoltre, non è invocabile neppure il caso di esclusione assoluta del diritto di accesso inerente ai procedimenti tributari di cui all’art. 24, l. n. 241/1990, richiamato dall’art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33/2013. Essendo i documenti amministrativi generalmente accessibili e costituendo le limitazioni del diritto una eccezione a tale regola, queste ultime devono essere interpretate in senso letterale e restrittivo. Nel caso di specie, il ricorrente non ha chiesto di accedere ad atti di procedimenti tributari ma a elenchi che costituiscono la rappresentazione degli esiti dei procedimenti di verifica dell’adempimento degli obblighi tributari e che, quindi, si pongono al di fuori di quei procedimenti.

4) Quanto alla eccezione relativa alla mancata delimitazione temporale dei documenti, va rilevato che qualora l’istanza fosse risultata eccessivamente onerosa, tale cioè da compromettere il buon andamento a causa della mole di documenti richiesti, si sarebbe potuto instaurare il contraddittorio con il ricorrente, chiedendo di circoscriverne l’oggetto in modo da contemperare il suo interesse con quello dell’amministrazione.

 

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