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TAR Campania, Sez. VI, 22-05-2019, N. 2486

1) A fronte di una istanza di accesso formulata ai sensi sia degli artt. 22 ss., l. n. 241/1990, sia degli artt. 5 ss., d.lgs. n. 97/2016, finalizzata all’ostensione di documentazione inerente a licenze commerciali, certificati di agibilità per le stesse attività commerciali e domande di condono pendenti in relazione agli immobili in cui sono esercitate le medesime, si precisa quanto segue.

L’istanza di accesso procedimentale presentata in base alla l. n. 241/1990 non può esser accolta, in quanto l’art. 24, comma 3, di tale legge esclude espressamente dall’accesso le istanze preordinate a un controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione, cui pare volta la richiesta nel caso in esame.

A un esito diverso si giunge esaminando la domanda in base all’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33/2013. L’accesso civico generalizzato consente a tutti i cittadini di accedere, senza onere di motivazione, alla generalità degli atti e delle informazioni ulteriori rispetto a quelli oggetto di obbligo di pubblicazione, al fine di svolgere un controllo diffuso sul perseguimento delle finalità istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di favorire la partecipazione e il dibattito pubblico, a cui invece pare orientata l’istanza nel caso in esame. Con tale istituto, quindi, la trasparenza serve a favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, oltreché per contrastare ipotesi di corruzione e garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione.

2) Con l’accesso civico generalizzato, l’ampio diritto all’informazione è temperato dalla necessità di garantire la tutela della riservatezza di determinati interessi pubblici e privati elencati nell’art. 5-bis, che divengono l’eccezione alla regola (c.d. modello Foia). L’art. 5-bis, comma 1 e 2, prevede che le richieste di accesso civico generalizzato sono rifiutate se il diniego è necessario per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di alcuni interessi pubblici e privati qualificati. Nel valutare il pregiudizio a tali interessi (harm test), l’amministrazione deve tenere conto anche dell’interesse alla divulgazione che fonda la richiesta dell’istante. In particolare, l’amministrazione è chiamata non solo a valutare la serietà e la probabilità del danno all’interesse-limite, ma anche a contemperarlo con l’interesse alla conoscenza diffusa dell’attività amministrativa che l’ostensione richiesta potrebbe comportare, alla luce dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza.

3) Nel caso di specie, l’amministrazione avrebbe dovuto bilanciare l’interesse del richiedente (in qualità di quisque de populo) ad accedere ai documenti – e quindi a conoscere l’attività amministrativa – con la protezione da assicurare agli interessi pubblici e privati di cui all’art. 5-bis, d.lgs. n. 33/2013. Questa ponderazione deve essere comprensibile al cittadino tramite la motivazione, strumento di esternazione delle ragioni della scelta amministrativa. L’atto impugnato è viziato da motivazione carente in quanto l’amministrazione non indica l’eventuale pregiudizio agli interessi pubblici e privati di cui dall’art. 5-bis, ma si limita a dichiarare non accoglibile l’istanza di accesso in quanto rivolta a soddisfare un “bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico”.

4) Deve ritenersi non legittima la decisione dell’amministrazione in quanto la finalità “egoistica” dell’istanza non è un limite previsto dal legislatore e dunque è inidonea a limitare la conoscenza “diffusa”. Le finalità del c.d. FOIA – promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche – rappresentano gli obiettivi che la legge persegue, ma non possono trasformarsi in limiti “impliciti” all’esercizio del diritto. L’amministrazione non può quindi negare l’accesso civico generalizzato sul presupposto che la conoscenza dei documenti richiesti non risponda alle finalità della legge ovvero che l’ostensione richiesta non risulti finalizzata al controllo diffuso. La finalità soggettiva che spinge il richiedente a presentare istanza di accesso civico non è sindacabile e non va confusa con la finalità della legge. Anche richieste presentate per finalità “egoistiche” possono favorire un controllo diffuso sull’amministrazione, che non va riferito alla singola domanda di accesso ma è il risultato complessivo cui aspira la riforma. Possono trovare così accoglimento anche istanze di accesso civico generalizzato tese all’acquisizione di informazioni amministrativa utili a fini personali (ad es. professionali), perché ai fini del diritto a conoscere rileva “che cosa si può conoscere” e non “perché si vuole conoscere”. In definitiva, l’accesso generalizzato è estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, i cui limiti debbono essere considerati di stretta interpretazione e corrispondono a quelli tassativamente previsti dal legislatore.

5) Nel caso in cui una richiesta di accesso civico generalizzato possa comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione, è necessario attivare un “dialogo cooperativo” con il richiedente. L’amministrazione, infatti, deve consentire l’accesso anche quando l’istanza riguardi un numero cospicuo di documenti ed informazioni; non vi è tenuta soltanto laddove la richiesta risulti tale da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon andamento, incombendo in tali casi sull’amministrazione l’obbligo di motivare l’interferenza e di esplicitare «le condizioni suscettibili di pregiudicare in modo serio ed immediato il buon funzionamento dell’amministrazione» (Delibera ANAC n. 1309/2016). Pertanto, qualora la trattazione dell’istanza di accesso civico generalizzato sia suscettibile di arrecare un pregiudizio serio ed immediato al buon andamento della pubblica amministrazione, quest’ultima, prima di decidere sulla domanda, dovrebbe contattare il richiedente e assisterlo nel tentativo di ridefinire l’oggetto della richiesta entro limiti compatibili con i principi di buon andamento e di proporzionalità, cosa che, nel caso di specie, non è avvenuta.

6) Per controinteressati devono intendersi tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza. Quella di controinteressato, infatti, non è qualità che si ravvisa in tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano nominati o comunque coinvolti nel documento oggetto dell’istanza ostensiva, ma solo a coloro che per effetto dell’ostensione vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza. Non basta, perciò, che taluno venga chiamato in qualche modo in causa dal documento richiesto, ma occorre in capo a tale soggetto un quid pluris, ovvero la titolarità di un diritto alla riservatezza sui dati racchiusi nello stesso documento.

7) Al contrario di quanto previsto per l’accesso civico semplice, nell’ambito dell’accesso civico generalizzato il Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) non può intervenire nella fase di prima presentazione della richiesta. Al RPCT è infatti assegnato l’esclusivo compito di riesaminare, su istanza del richiedente, l’eventuale rigetto o accoglimento parziale dell’istanza di accesso civico ovvero di far fronte all’inerzia dell’ufficio ricevente.

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