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TAR Emilia Romagna, Sez. I, Parma, 28-11-2018, N. 325

Non può trovare accoglimento la tesi secondo cui l’Amministrazione può respingere la domanda di accesso civico generalizzato sul presupposto della non coincidenza tra l’interesse che sorregge l’istanza e l’interesse normativamente richiesto, rinvenibile da un esame della natura dei dati richiesti. Ciò in quanto le finalità dell’accesso civico generalizzato (favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e promuovere la partecipazione al dibattito pubblico) non sono quelle che devono sorreggere l’interesse del cittadino, ma quelle in base alle quali il cittadino può avere un accesso potenzialmente illimitato dei documenti amministrativi. Pertanto, non si può confondere e sovrapporre la motivazione della norma con il contenuto del diritto esercitato, poiché così facendo si introdurrebbe surrettiziamente un limite ulteriore (non previsto dalla legge) rispetto a quelli codificati espressamente.

Inoltre, non è possibile sostenere che le finalità indicate dall’art. 5, co. 2, d.lgs. n. 33/2013, debbano trovare diretta declinazione nella tipologia di documenti richiesti, innanzitutto perché è arduo individuare un atto pubblico che, in un regime di trasparenza e democraticità delle istituzioni, debba restare interno e non conoscibile – al di fuori dei limiti di tutela riconosciuti agli interessi pubblici e privati “sensibili”. D’altra parte, nelle stesse finalità valorizzate dall’Amministrazione per definire una linea ideale di separazione tra accesso garantito e accesso di “curiosità”, vi è anche la generica promozione della “partecipazione al dibattito pubblico”, concetto in cui è possibile far rientrare, in senso lato, l’ostensibilità di qualsiasi documento amministrativo

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