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TAR Lombardia, Sez. III, 11-10-2017, N. 1951

L’istanza di accesso volta ad ottenere copia di una mole irragionevole di dati o documenti, comportando la necessaria apertura di innumerevoli subprocedimenti che coinvolgano i soggetti controinteressati, rappresenta in concreto una manifestazione sovrabbondante, pervasiva e, in ultima analisi, contraria a buona fede dell’istituto dell’accesso generalizzato in quanto impone un facere straordinario, capace di aggravare l’ordinaria attività dell’amministrazione. L’accesso generalizzato, infatti, ha la sua ratio nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. Posta questa finalità, l’istituto non può essere utilizzato in modo disfunzionale rispetto alla predetta finalità né può  essere trasformato in una causa di intralcio al buon funzionamento dell’amministrazione. È legittimo, dunque, il diniego di accesso volto impedire che all’ente venga imposto un facere straordinario quale produrre – in formato analogico o digitale – una mole irragionevole di dati o documenti. Inoltre, a parere del Collegio, è necessario altresì considerare, per un verso, il principio di buona fede inteso quale canone diretto a individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari di diritti e, per altro verso, il correlativo divieto abuso del diritto che si concretizza, tra gli altri, nella circostanza per cui, a causa di una determinata modalità di esercizio, si verifica una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto e il sacrificio cui è soggetta la controparte. Alla luce di ciò, una simile istanza, rappresentando una richiesta avente carattere “massivo”, altro non è che la declinazione del principio di divieto di abuso del diritto e di violazione del principio di buona fede.

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Richiesta eccessivamente onerosa
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